In occasione dell’uscita presso l’editore francese Va Press, della…
Il momento di gloria dello Zio Vania, di Nunziante Mastrolia
Il momento di gloria dello Zio Vania
Nel 1755 Lisbona fu colpita da una catastrofe spaventosa, prima il terremoto, poi l’incendio, poi un maremoto. Una tragedia per il Portogallo, una manna per moralisti, reazionari, cardinali e preti di campagna.
Il messaggio era chiaro per costoro: il terremoto era la giusta punizione che il padre eterno aveva inflitto agli abitanti di Lisbona per i loro peccati. E se oggi era toccato a Lisbona, domani sarebbe potuto accadere a qualsiasi altra città europea.
In quei giorni qualcuno ricordò agli inglesi che la cometa di Halley sarebbe passata sopra Londra dopo qualche anno, nel 1758. E in un sermone in cui a parlare è la stessa Lisbona in fiamme si legge: “Perirete dunque. Guardate come ardo! Ricordatevi e PENTITEVI. È questo il breve ma intenso sermone che Lisbona in rovina predica a Londra in peccato”.
L’autore di tale ammonimento è John Wesley, fondatore del metodismo, che in quei giorni pubblicò un testo intitolato “Alcuni pensieri seri generati dal recente terremoto a Lisbona”. Ecco cosa scriveva: quando poi arriverà il terremoto e tutto intorno a te tremerà “quale aiuto giungerà? quale sapienza potrà impedirlo? quale forza resisterà al colpo? quale denaro potrà comprare non dico la salvezza, ma almeno un’ora di sollievo? Povero sciocco onorato, dove sono ora i tuoi titoli di proprietà? Sciocco facoltoso, dov’è il tuo dio dorato? se qualcosa ti può aiutare, sarà la preghiera. Ma chi pregherai tu alla fine? Di certo non il Dio del Cielo: poichè ritieni che Egli non abbia nulla a che vedere con i Terremoti”.
Contro chi si scaglia il predicatore? La risposta è abbastanza semplice. In primo luogo, contro tutti i cittadini che fanno parte della Repubblica delle Lettere. Chi erano? Erano coloro che credevano che tutto dovesse essere portato davanti al tribunale della ragione (come si può razionalmente sostenere che i terremoti siano una punizione divina?). Tutto: i miti, i riti, le opinioni popolari, dio stesso. I lumi della ragione avrebbero così rischiarato il mondo, scacciando falsi miti, false credenza, spazzando via l’oscurantismo e il dispotismo. In questo senso si può sostenere che dire illuminismo significa dire modernizzazione e secolarizzazione.
Il secondo luogo, si scagliano contro ciò che fa perdere la testa a tutti i reazionari e moralisti di ogni tempo: la ricchezza, il denaro, i commerci, il lusso, il capitalismo: le leggi suntuarie, lo sterco del diavolo, adoratori di mammona, la corrotta borghesia, il capitalismo finanziario, lo sfrenato individualismo. Stessa storia da millenni: quanto meno noiosi, per non voler dire di peggio.
Il sermone dunque è interessante perchè di fatto indica i due grandi peccati che sono attribuiti agli uomini del secolo XVII: il denaro, quindi il capitalismo; e non credere a ciò che non si può dimostrare con la ragione (Dio che scatena i terremoti).
Perchè sto facendo questo discorso? Perchè come per il terremoto del 1755, la pandemia da Coronavirus ha sciolto le lingue di moralisti, reazionari e apocalittici di ogni età, credo politico e latitudine. Le diagnosi si moltiplicano, ma tutti dicono la stessa cosa: è il modello in sè che è sbagliato: sostiene Bertinotti, mentre D’Alema applaude, Veneziani annuisce soddisfatto, Buttafuoco se la ride e Bergoglio benedice. È il capitalismo che non funziona. È la nostra sete di guadagno che ci ha spinto a sfruttare in maniera irrispettosa la madre terra. Per non dire di quegli invasati che vedono nella pandemia la giusta punizione per le colpa di noi moderni che non ci inginocchiamo davanti a crocifissi e simulacri vari nella convinzione che debellino il virus. La schiera degli intellettuali apocalittici è lunga e ormai ogni sera pontificano all’unisono dalle reti televisive pubbliche e non: Penitenziagite!
Lo Zio Vania non avrebbe saputo fare di meglio. Chi è lo Zio Vania? È un brontolone e antipatico primate co-protagonista di un libro straordinario, “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”; ed è l’archetipo del reazionario di ogni tempo. “Tutti i mali sono iniziati quando siamo scesi dagli alberi”, tuona un giorno sì e l’altro pure. Ergo, argomenta con logica cartesiana, per risolvere ogni male è necessario tornare sugli alberi. Chiaro no?
Di scimmioni reazionari come lo Zio Vania in questi giorni ne stanno comparendo molti, tutti nostalgici della bella vita passata a volteggiare tra le fronde degli alberi.
Sono facili da riconoscere, dicono sempre le stesso cose: torniamo indietro; l’età dell’oro è alle nostre spalle, mentre la corruzione dei tempi è davanti a noi. Che poi verrebbe da chiedere loro: “di grazia, indietro dove, in che punto esatto dovremmo ritornare?” Perchè io me lo sto quasi immaginando uno scimmione che sugli alberi vive in disparte, che grugnisce sempre e ogni tuona contro la corruzione dei tempi moderni e rimpiange la vita più sana e semplice di un tempo, quando si era degli onesti organismi monocellulari.
Se come genere umano siamo arrivati dove siamo, con una mortalità infantile bassissima, medicine, farmaci, ospedali per curarci, con supermercati che traboccano di ogni bene e una vita media straordinariamente lunga, è perchè alla natura ci siamo ribellati, utilizzando la nostra intelligenza per sconfiggere batteri e virus, pestilenze e carestie.
La natura è matrigna, non madre, ed è, come Voltaire predicava contro Leibniz, del tutto indifferenze alle sorti degli esseri umani, anzi prospererebbe indisturbata se il genere umano tutto dovesse estinguersi.