Il gergo della genuinità in Heidegger





G. Pisani  Il gergo della genuinità in Heidegger 

Saggio intero in  pdf

1. Introduzione    




"Essere e tempo, l’opera più affascinante di Martin Heidegger, rivela la propria enigmaticità nella sua stessa struttura costitutiva che, ponendo la questione del senso dell’essere in generale, resta incompleta, interrompendosi proprio nel passaggio dall’analisi della temporalità dell’Esserci all’interpretazione dell’essere stesso in rapporto al tempo, configurandosi in termini compiuti come ontologia fondamentale. In tal modo, l’opera «se non altro lascia nell’imbarazzo l’impostazione ermeneutica dell’ontologia, senza però annullarla (come se fosse soltanto un tentativo fallito), ma al contrario caricandola di un significato che l’incompiutezza rende ancor più enigmatico».
La struttura dell’opera prevedeva inizialmente due parti. La prima, "L’interpretazione dell’Esserci in riferimento alla temporalità [Zeitlichkeit] e l’esplicazione del tempo come orizzonte trascendentale della questione dell’essere", avrebbe dovuto comprendere tre sezioni: 1. L’analisi fondamentale dell’Esserci nel suo momento preparatorio; 2. Esserci e temporalità e 3. Tempo ed essere. La seconda parte avrebbe trattato le "Linee fondamentali di una distruzione della storia dell’ontologia, sulla scorta della problematica della temporalità [Temporalität]", comprendendo: 1. La dottrina kantiana dello schematismo e del tempo come avviamento alla problematica della temporalità; 2. Il fondamento ontologico del cogito sum cartesiano e l’assunzione dell’ontologia medievale nella problematica della res cogitans e 3. Il trattato aristotelico sul tempo come punto discriminante della base fenomenica e dei limiti dell’ontologia antica.
L’opera si arresterà alla seconda sezione della prima parte.
Essa comincia dunque con un’analisi dell’essere dell’uomo, che assume una funzione preparatoria, e che viene condotta partendo dalla "quotidianità" (Alltaglichkeit) o dalla "medietà" (Durchschnittlichkeit), in modo da evitare la sedimentazione dell’analisi su un aspetto preso come essenziale prima di una problematizzazione dell’essere nella sua generalità. Che prenda in considerazione, insomma, i modi di essere possibili dell’uomo. Proprio questa considerazione dell’essere dell’uomo come possibilità costituisce la specificità dell’analitica dell’esistenza. Come afferma Costantino Esposito, «questa è la distanza che separa l’analitica esistenziale da tutte le "scienze umane", che assumono invece l’essere dell’uomo non come "possibilità", ma come qualcosa di già dato, giusta la definizione della antropologia antico-cristiana, per cui homo est animal rationale»2. In tal senso, l’uomo si rivela come "poter essere": in ciò risiede la peculiarità dell’esistenza (ex-sistere, «oltrepassare la realtà semplicemente-presente in direzione della possibilità»3). Per questo, Heidegger contrappone alle "categorie" che caratterizzavano l’essere degli enti semplicemente-presenti, gli "esistenziali", i modi possibili di essere dell’uomo.
La costituzione fondamentale dell’Esserci è rappresentata dalla nozione di "essere-nel-mondo". Il mondo, però, non è qualcosa di separato dall’Esserci, in cui esso si venga a trovare. L’esistenza è sempre situata, ci è, è gettata nel mondo in quanto "progetto", e a tale progetto il mondo stesso coappartiene ontologicamente. Esso, insomma, è un carattere dell’Esserci, un esistenziale appunto, «esso fa parte del suo esser-se-stesso in quanto essere-nel-mondo».
Come afferma Costantino Esposito, «prima che in ogni mutevole umore, è proprio in questo esser-gettato, cioè nella sua stessa "fatticità", che l’Esserci si sente situato: tant’è che nessun atto di conoscenza o di volontà, nessuna interpretazione "razionalistica" o "irrazionalistica" potranno mai annullare questa enigmatica situazione ontologica»5. A tal proposito, approfondiremo successivamente la "mondità" del mondo stesso.
Ci interessa sottolineare adesso come per Heidegger l’Esserci è nel mondo, oltre che come affettività, come comprensione. Gli enti che si incontrano nel mondo sono dati all’uomo inseriti in una serie di significati e di rimandi rapportandosi ai quali l’Esserci si comprende. I significati delle cose, infatti, costituiscono le possibilità che esse portano con sé e che l’Esserci articola nel proprio progetto. Solo in virtù di una precomprensione, dunque, le cose vengono incontro al soggetto in quanto utilizzabili, e in quanto tali articolate nel progetto che il soggetto ha da essere. In tal senso, il soggetto ha da essere il proprio "ci", «come possibilità di rapporto al proprio essere (e cioè al mondo)».
La comprensione dell’Esserci è sempre emotivamente situata, laddove il "sentirsi situato" presenta uno spessore ontologico, in quanto manifesta la gettatezza dell’Esserci, il suo essere consegnato al proprio "ci", la sua "fatticità". È per questo che il carattere progettuale dell’Esserci va assunto in senso ontologico ed esistenziale, come essenza costitutiva dell’Esserci. Il sentirsi situato e la comprensione costituiscono, insieme al discorso, le strutture costitutive dell’apertura ontologica dell’Esserci. Esso, dunque, ha da essere se stesso «nella modalità dell’appropriazione a se stesso o dell’espropriazione da se stesso, ossia nella "autenticità" (Eigentlichkeit) o nella "inautenticità" (Uneigentlichkeit. Autenticità e inautenticità sono le uniche due qualificazioni dell’esistenza che la letteratura critica su Essere e tempo ha preso in considerazione. Ma, come afferma Heidegger: «Tanto la comprensione autentica quanto la inautentica possono essere, di nuovo, genuine o non genuine».
In questo lavoro approfondiremo la nozione di genuinità (Echtheit), verificandone le connessioni con l’autenticità, che già di per sé rappresenta un punto cruciale dell’analisi dell’opera. Se la trattazione della comprensione inautentica genuina è notevolmente agevolata dalle analisi nell’opera, necessariamente problematica si rivelerà l’esame della comprensione autentica non genuina, in quanto Heidegger stesso non approfondisce tale modalità d’esistenza, la cui considerazione implica notevoli difficoltà interpretative.
L’analisi della questione ci permetterà di rilevare innanzitutto i tratti della comprensione inautentica genuina, che, per Heidegger, consiste in una modalità di esistenza in cui l’Esserci si progetta a partire dalle possibilità che gli utilizzabili intramondani portano con sé, appropriandosi originariamente di essi e aprendosi al mondo stesso come esistenziale. In ciò la comprensione inautentica genuina si differenzia dalla comprensione inautentica non genuina, in cui l’Esserci è aperto al mondo attraverso la voce del Si, che annulla ogni progetto immergendo l’Esserci nella irrequietezza e nella distrazione tipiche della chiacchiera, della curiosità e dell’equivoco.
Emergerà, così, il divario che separa la comprensione inautentica – tanto quella genuina quanto quella non genuina – da quella autentica, in cui l’Esserci si rapporta al mondo sulla base di un progetto "deciso" fra le possibilità ereditate. Decidendosi in queste possibilità, l’Esserci si riappropria di se stesso, assumendo la propria stessa finitudine e "storicità" (Geschichtlichkeit)."

Feed Filosofia.it

Cerca tra le risorse

AUDIO



Focus

  • Laicità e filosofia Laicità e filosofia
    Che cosa significa essere laici nel nostro Paese, dove forte è l'influenza politica della Chiesa? Grandi personalità del pensiero e della cultura riflettono, per la prima volta insieme, su questa questione...
    vai alla pagina
  • 1
  • 2

_______________________________________________________________________________________________________________________________________________
www.filosofia.it - reg. ISSN 1722 -9782  Tutti i diritti riservati © 2016