Intervista a Gianluca Miligi

Intervista a Gianluca Miligi

Vattimo critica aspramente i tentativi della Chiesa cattolica di influenzare la politica per ottenere l’emanazione di leggi vincolanti in sintonia con i propri valori. Tuttavia questo comportamento sembrerebbe tipico anche dei laici, i quali non di meno operano per la promulgazione di leggi di loro gradimento (si pensi ad esempio alla legge sull’aborto, voluta in nome della “libertà della donna”). Il legame ai cosiddetti “valori” non sembra essere prerogativa delle chiese.
“C’è innanzi tutto una differenza che va tenuta ben ferma: la Chiesa cattolica nei suoi tentativi di influenzare l’emanazione delle leggi opera secondo l’assunto per cui i princìpi della religione sono verità che devono essere tradotte in termini giuridici. La legge diventa così nient’altro che la mera codifica e il mezzo di applicazione di qualcosa che pertiene alla dimensione del trascendente. E inoltre, la Chiesa influenza da organizzazione confessionale istituzionale di un altro Stato, il Vaticano: nega quindi da una posizione totalmente “esterna” il principio della laicità, chiaramente riconosciuto nella nostra Costituzione e ribadito da una famosa sentenza della Corte Costituzionale (n. 203 del 1989). Apro una parentesi per consigliare l’approfondimento del tema, che peraltro presenta punti controversi, con la lettura del recente volume di Michele Ainis, Chiesa padrona. Un falso giuridico dai Patti Lateranensi a oggi.
Ma torniamo al punto: la Chiesa cattolica non è un’insieme di cives, di cittadini, che in quali tali e “geneticamente laici” sono i soli soggetti che hanno legittimità a delegare rappresentanti in Parlamento o ad agire come società civile per favorire la promulgazione di leggi di vario genere e contenuto: non mi pare vi sia nulla di strano se ognuno di noi opera in questo senso. Riguardo la legge 194 sull’aborto o, meglio, sull’“interruzione volontaria di gravidanza”, si deve ricordare almeno che non è stata una legge approvata esclusivamente in Parlamento: ha avuto infatti l’avallo dalla volontà popolare, della maggioranza dei cittadini mediante un importante referendum (prima del quale c’è stata una lunga storia di maturazione).
Ancora qualche rapida considerazione per completare le risposte alle sue domande. La prima: ma perché, in un Paese in cui tutti si dànno la patente di liberali, c’è sempre una resistenza ideologica o “viscerale” ad accettare leggi che non impogono nulla ma che – si pensi anche a quella sul divorzio del citato Loris Fortuna – ampliano la libertà di decidere dei singoli individui-cittadini estendendo i loro diritti? Perché dare a me la possibilità di godere di un diritto che non esclude il tuo e che non obbliga te a determinati comportamenti crea dei problemi? Mi ha sempre preoccupato proprio l’antiliberale e antilaico atteggiamento di chi opera per impedire ad altri possibilità di scelta che non si condividono. Se vogliamo ridurre la questione ai suoi termini essenziali: leggi per affermare delle possibilità versus leggi per negare possibilità. Qualcuno potrebbe obiettare che così si infrangono leggi divine, la sacralità della vita umana. Innanzi tutto è evidente che questo è un principio religioso metafisico che di fatto non tutti i cittadini accettano. Non dimentichiamo poi che sarà eventualmente il singolo che commetterà sacrilegio, peccato o quel che si vuole, non la legge o lo Stato: e l’individuo risponderà di fronte ad un Tribunale che non è quello degli uomini, per chi vi crede.
Una battuta, in chiusura sulla questione dei valori. I valori non sono certo prerogativa delle Chiese, ma direi, meglio, neanche delle religioni: i non credenti non avrebbero valori, come peraltro qualcuno tende a fare credere? È insensato sostenerlo. Il valore è qualcosa che si sceglie e si assume come ciò che “dovrebbe” essere e orientare la propria vita e quella degli altri. In questo senso non è un dogma e non può avere alcuna “deduzione metafisica”: i valori allora, come ha insegnato Max Weber sono la moderna versione del politeismo e, in accezione neutra, di ogni forma di ideologia.”

Ha scritto che “si può in fondo ben capire il non dichiarato, ma ineliminabile, fascino che la Chiesa cattolica subisce da parte dell’islamismo”. Dove individua questofascino subìto”?
“Se si vuole rispondere in maniera provocatoria si può dire che il fascino trapela “psicoanaliticamente” anche dalla costante e sottile – non becera come quella esibita da alcuni politici o cittadini – avversione che la Chiesa cattolica mostra nei confronti dell’Islam. Ma per essere più diretti e sintetici: l’obiettivo della Chiesa, anche in base alle cose dette in precedenza, non è forse quello di una sempre maggiore penetrazione in campo giuridico, etico, sociale dei princìpi della religione cristiano-cattolica? Penso sia difficile negarlo, anche perché è per molti versi connaturato alla sua fisionomia. Allora, in questo senso teologia politica e “società cristiana” sembrano essere due aspetti, complementari, consustanziali alla missione e alla dottrina della Chiesa. E chi ha realizzato in alcuni Paesi la piena fusione della sfera religiosa e della sfera civile se non l’Islam (con tutte le differenze del caso e senza pensare alla Repubblica islamica iraniana)? In passato anche la religione cattolica, negli Stati teocratici, si è approssimata a questo telos. Da perseguire con mezzi diversi, imposti dal cammino della storia, dal mondo moderno, esso permane in ogni caso nelle aspirazioni della Chiesa.”

Perazzoli sottolinea che per Miligi la celebre affermazione evangelica “Date a Cesare quel ch’è di Cesare, e a Dio quel ch’è di Dio” (Lc 20,25) “ha il difetto, per la prospettiva laica, di costituirsi come un fondamento teologico della laicità”. Perché undifetto”?
“Lo si è chiamato “difetto” ma lo si può qualificare anche come negazione della prospettiva laica. E mi sembra piuttosto chiaro: è la sentenza del figlio di Dio, quindi una sentenza in senso lato teologica, che prescrive di distinguere “ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio”. Detto in altro modo, è la Verità divina rivelata che separa da sé stessa la sfera politica, prescrivendo il duplice “dare” e delimitando i confini di ciò che appartiene al governo dell’uomo.”