CONVERSAZIONI CRITICHE - L'aporia del nulla dopo Emanuele Severino. Marco Simionato


A COLLOQUIO CON GLI AUTORI

Inauguriamo con Marco Simionato una nuova "collana": Conversazioni critiche. A colloquio con gli Autori. L'idea è di intrattenerci con un autore per recensire un volume attraverso un dialogo critico. Marco Simionato è autore di un recente libro in cui affronta alcune questioni classiche della filosofia teoretica - il nulla, la negazione, la differenza - a partire da Emanuele Severino, un pensatore cui abbiamo dedicato sempre molta attenzione.

di Gianluca Miligi e Giovanni Perazzoli     


P.
La prima domanda è di carattere introduttivo: tu vieni dalla scuola di Severino, tuttavia nel tuo libro Nulla e negazione. L’aporia del nulla dopo Emanuele Severino (prefazione di Emanuele Severino, Pisa University Press, Pisa 2012)proponi una lettura della negazione (ma in realtà del nulla) che mette in discussione il complesso dell'analisi severiniana. Come tracci la linea di questo sviluppo post-Severino?

"Conversazione" integrale

Prima di accostarmi ai testi di Severino, mi sono "formato" sui testi di Heidegger e una delle affermazioni del filosofo tedesco che mi ha sempre colpito è quella secondo cui il nulla sarebbe più originario della negazione (cfr. ad esempio Was ist Metaphysik?), affermazione peraltro ingiustificata, come gran parte del discorso heideggeriano, che però – va ricordato – mette in discussione proprio il senso del giustificare, del fondare e del fondamento stesso. Quando poi mi sono avvicinato alle opere di Severino, e in particolare a La struttura originaria e al famoso cap. IV dedicato all'aporia del nulla, la mia lettura è stata certamente influenzata dalla suddetta affermazione di Heidegger, che ha funzionato da "pulce nell'orecchio", perlomeno in termini di dubbio sul fatto che la relazione tra l'“idea” di nulla e la negazione logica non fosse poi così scontata. Intendo dire che considerare il “concetto” di nulla come risultato della negazione dell'essere – e quindi considerare la negazione come originaria rispetto al nulla – non è una posizione priva di problemi. Heidegger da un lato ha il merito di aver indicato questa problematicità, ma dall'altro egli stesso sembra rimanere all'interno di una concezione logico-negativa del nulla (come ha evidenziato Severino in Heidegger e la metafisica), nonostante le sue esplicite intenzioni di sospendere la logica (per seguire altre vie, in primis quella dell’angoscia).
A questo punto, che cosa significa pensare la negazione, il nulla e la loro relazione dopo Severino? Nell'introduzione del libro indico i due sensi di questo ‘dopo’: in primo luogo mi riferisco alla necessità di passare attraverso la soluzione severiniana dell'aporia del nulla (ma anche attraverso i fondamenti dell'ontologia di Severino). Detto in modo secco: non si può considerare la questione del nulla senza aver presente il modo in cui Severino l'ha posta e (a suo dire) risolta. In secondo luogo, il "dopo-Severino" riguarda quelle proposte teoretiche di chi ha pensato oltre l'ontologia severiniana, ma accettandone i fondamentali (il valore incontrovertibile dell'opposizione di positivo e negativo, l'immediatezza fenomenologica, etc.). Qui si aprirebbe una serie di questioni sulla possibilità o meno di uscire dall'ontologia di Severino, visto che essa si propone come innegabile (e non come un prodotto di un individuo, etc.). Comunque sia, nel libro i due pensatori chiamati in causa sono Luigi Vero Tarca, che considero il mio maestro, e Massimo Donà, entrambi allievi di Severino.

La tesi centrale del mio libro - ossia che il nulla differisce dalla negazione - si fonda su una delle tesi più importanti del pensiero di Tarca, ossia che si debba distinguere tra differenza e negazione, dove la distinzione tra i due termini sia altro da una negazione (sicché, quando scrivo che il nulla differisce dalla negazione, anche qui il differire è altro da una negazione). Il pensiero occidentale ha inteso come identici la differenza e la negazione: dire che A differisce da B significa, per l'Occidente, dire che A non è B. Quella coincidenza tra differenza e negazione è data per scontata, immediata, mentre Tarca ha proposto un pensiero della differenza che si distingue dalla negazione. Ma – ecco il punto fondamentale – se la differenza si distinguesse dalla negazione in modo negativo (dicendo ad esempio: «la differenza non è negazione»), allora essa stessa sarebbe una forma della negazione, poiché si assume che il negativo del negativo è pur sempre una qualche forma negativa (seppure del negativo). Nel caso del nulla, quando dico che esso va distinto dalla negazione, richiamo esattamente lo stesso modello logico proposto da Tarca (applicato però solo al nulla): se il nulla fosse diverso dalla negazione nel senso di una negazione della negazione, esso sarebbe di nuovo una forma negativa, e quindi non sarebbe davvero diverso dalla negazione.
Un capitolo è dedicato anche a Donà, le cui critiche nei confronti della soluzione severiniana dell'aporia del nulla hanno fornito un punto d'appoggio e – per così dire – una conferma alla mia linea di argomentazione, sebbene le conclusioni cui pervengo mi sembrano diverse.

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Marco Simionato
(1983) è dottorando di ricerca in filosofia presso l’Università ca’ Foscari di Venezia e visiting Ph.D. student presso la Latvia University di Riga. Allievo di Luigi Vero Tarca, si è occupato in particolare dell’ontologia di Emanuele Severino e della questione del nulla. Attualmente sta sviluppando un progetto di ricerca sul nichilismo metafisico nell’ambito della filosofia contemporanea.