Il sistema del lavoro, negli ultimi anni del secolo XX, ha subito profonde trasformazioni e queste hanno coinvolto l'Italia come tutto il continente europeo.Da un lavoro a tempo pieno, a base del principio "un lavoro per tutta la vita", si è assistito ad una radicale trasformazione delle forme di produzione e di regolazione dei rapporti lavorativi, alla decentraliazzazione della produzione e all'assunto di un modello basato sulla flessibilità della prestazione. Un insieme di garanzie sociali poi, il welfare, contribuiva a sostenere l'anello di prossimità del sistema, quale disoccupazione, pensioni, malattia. Oggi ci si interroga sulla precarietà della vita quale risvolto negativo della flessibilità introdotta da questo nuovo sistema del lavoro. Il lavoratore flessibile e precario, si trova di fronte ad esigenze nuove e privo di una rete di protezione sociale. I costi sociali di questa condizione sono però spesso molto alti e per chi ha la responsabilità di agire politicamente si tratta di cogliere quello che queste trasformazioni stanno producendo in termini di nuove esigenze per il presente e necessità per il futuro. Non farsi carico di questi aspetti rischia di avallare un processo purtroppo già in atto e che esclude un numero sempre crescente di donne e di uomini, facendo la società tutta più povera, più statica e perciò meno produttiva, con forti dispersioni di risorse.