L'umanità frullata

[SPECIALE]

 

Carlo Galli
è professore di
Storia delle dottrine politiche presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Bologna ed è Direttore della rivista «Filosofia politica».
Nei suoi studi ha analizzato le categorie politiche moderne (tra cui Stato, sovranità, rappresentanza, guerra) nella loro trasformazione storico-concettuale.
Ha curato la pubblicazione di Enciclopedia del pensiero politico
(con R. Esposito, Roma-Bari 2000);
Il pensiero politico
del Novecento (Bologna 2005); Multiculturalismo (Bologna 2006).
Tra i suoi volumi: Genealogia della politica (Bologna 1996); Spazi politici (Bologna 2001);
La guerra globale (Roma-Bari 2002).

In ricordo di Jacques  Derrida

CARLO GALLI
«L’UMANITÀ "FRULLATA"»

a cura di Gianfranco Cordì

Sassuolo. La Lezione Magistrale di Carlo Galli, originariamente prevista in Piazza, a causa della pioggia viene spostata all’interno del bel Teatro “Carani”.
Carlo Galli, professore Ordinario di Storia delle Dottrine Politiche alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna e direttore della rivista «Filosofia Politica» (edita dal «Mulino»), è certamente uno dei massimi politologi europei. Introduce la Lezione di Galli - che ha per tema «L’umanità multiculturale» - Carlo Altini.

Galli esordisce subito dicendo: «Il titolo della mia lezione, “L’umanità multiculturale”, in realtà è un’endiadi». E continua ponendo subito un’ interrogativo: «Oggi, cos’è l’umanità dal punto di vista filosofico?». La Lezione di Galli sarà, da adesso in poi, dedicata interamente a cercare di dare una risposta a questa domanda. La prima parte del discorso riguarderà il concetto di “umanità” visto dal punto di vista filosofico. Nella seconda parte Galli rapporterà questo concetto alla situazione attuale. Galli dice: «Tutti i gruppi primitivi definiscono sé stessi col termine: gli uomini. Ciò per essi vuol dire: gli uomini siamo noi. La loro idea di umanità è insieme plurale ed escludente. Ora, dal punto di vista filosofico umanità vuol dire: natura umana e genere umano insieme. Sotto il profilo sostanziale, tale definizione è l’equivalente dell’unità aritmetica. In vari luoghi della sua opera Aristotele definisce l’uomo come un essere che ha natura socievole, dotato di ragione e capace di distinguere il bene dal male. Questo per quanto riguarda la filosofia antica. In età moderna Pico Della Mirandola apre una nuova fase per quanto concerne la considerazione filosofica dell’umanità. Con Pico viene inaugurata quella concezione dell’umanità che afferma quanto segue: l’uomo non ha una natura fissa, cioè una natura che sia determinata una volta per sempre. Pico dice: “L’uomo è il divino camaleonte”; l’uomo, cioè, è capace di assumere moltissime configurazioni per sua propria scelta. Feuerbach (nell’Essenza del cristianesimo) distingue nell’essere umano la conoscenza di sé. L’uomo ha consapevolezza di sé e del genere al quale appartiene, dice Feuerbach. Dunque, l’umanità moderna ha come caratteristica quella di essere, essa stessa, una dilatazione del soggetto moderno. In età moderna, perciò, umanità è l’essenza dell’uomo come dovere. Essenzialmente un uomo è un essere che è dotato di diritti; possiede una sua dignità. Tale definizione moderna di ‘umanità’ è una definizione operativa. Non è una definizione neutra. Ed inoltre, c’è anche da dire, questo concetto moderno di ‘umanità’ è un tipico prodotto della secolarizzazione. Per cui, l’età moderna trasforma un principio, che era quello cristiano, in un progetto: un mondo costruito a misura dell’uomo. E dunque: il moderno principio di umanità non è altro che l’inizio della mediazione razionale, cioè esso è il punto di partenza dal quale si costruisce un mondo veramente umano.
Voglio affrontare ora un’altra questione, che è questa: quali sono i problemi che l’idea di ‘umanità’ si porta dietro? Intanto Heidegger ci ha avvisati che l’umanità moderna non fa che collocare la dignità dell’uomo in un fatto specifico. Nel fatto, cioè, che quel certo uomo appartenga al genere dell’Homo sapiens. Heidegger questo lo dice chiaramente: l’umanità moderna è l’immagine dell’uomo nell’epoca dell’immagine del mondo. Questo è il primo problema dell’idea moderna di ‘umanità’. Un altro problema è che l’umanità è un universale che implica un dovere. Per questo, l’umanità è comunque un’idea di forza contro l’inumanità; contro la discriminazione. Ma l’umanità è anche un’idea che serve a operare. Se ci pensiamo, tutti i razzismi partono dal presupposto che esiste un’umanità universale, conoscibile solo in quanto genere. Per promuovere l’umanità, dunque, risulta necessario intervenire su tale umanità universale. Ed umanità significa anche allevamento dell’uomo, biopotere, biopolitica. Ed anche: neutralizzazione dei nemici dell’umanità. (Le attuali guerre umanitarie, in questo senso, sono dei paradossi che nascono proprio dall’idea di umanità).
Nel capitalismo, poi, gli uomini non sono degli uomini; essi sono proletari (merci). Questa è l’alienazione, definita anche meglio come estraneazione. E’ a causa dell’idea di alienazione, che è presente in esso, che il marxismo non riesce a ragionare mai in termini di umanitarismo. Ed ancora: Marx critica l’umanità ma non l’umanesimo (a differenza di Heidegger).
Ma ci sono anche altri problemi dentro l’idea moderna di umanità. Un esempio? Il femminismo ha visto in ciò che vi è di neutrale ed universale (dentro l’idea di umanità) non ciò che questo pretende di essere ma un’estensione del dominio maschile. Le femministe dicono: il fatto stesso che si parli di umanità non è un fatto neutro ma è maschile.
Possiamo dunque dire che l’umanità non tanto è affetta da contraddizioni; piuttosto essa le copre. L’umanità è una finta reductio ad unum. Nel libro “L’umanità in tempi bui” Hanna Arendt spiegò che si parla di umanità quando non si può dire altro. Per cui: l’umanità è quello che resta dopo che la persona è stata del tutto consumata. L’umanità emerge quando esistono delle situazioni di emergenza. Dunque: l’umanità è il risvolto sentimentale del moderno razionalismo universalistico. E lo scatto emotivo che segue a ciò è la compassione.
Nell’idea moderna di ‘umanità’ esistono perciò i problemi che ho detto.
Ma questo problemi esistono perché è la modernità stessa ad essere in sé contraddittoria. Ma l’età moderna è proprio quella che ha fatto dell’essenza il mattone della conoscenza. Quella essenzialistica perciò è proprio la nozione moderna di umanità.
Quando Jean Paul Sartre affermò: “L’uomo è una passione inutile”, forse non disse qualcosa di completamente blasfemo. Infatti, l’uomo è l’ente che progetta di perdersi per fondarsi su sé stesso. Per cui, l’uomo è quell’ente che vuole essere Dio. E volendo essere Dio, l’uomo si porta dietro tutte le contraddizioni di Dio medesimo. Per questo Sartre concludeva: “Non serve a niente volere l’uomo, bisogna volere qualche altra cosa”. Questa è l’idea moderna di umanità».

Una volta giunto a questo punto, Galli possiede tutti gli strumenti teorici che si è voluto dare per affrontare la seconda parte della sua lezione Magistrale. Quella nella quale parlerà dell’età globale.

Galli quindi prosegue: «L’età globale è quell’età dentro cui si manifesta il fenomeno dell’umanità multiculturale; l’argomento che dà il titolo a questa mia Lezione.
Ma che cos’è l’umanità multiculturale? Èquesta cosa qui: le culture tradizionali coesistono oggi con gli impulsi ultramoderni e tale coesistenza è post-moderna.
L’età moderna è l’età nella quale tutte le logiche del moderno sono disfrenate. È il momento in cui tali logiche trionfano e si trasformano in modo tanto radicale da diventare irriconoscibili.
Per la prima volta nella storia, l’età globale realizza l’unità globale del genere umano. Fino a un secolo fa tu sapevi questa cosa: “esistono gli altri”. Oggi questa cosa qui non è più solamente una conoscenza di tipo meramente intellettuale. Di questa cosa qui, oggi, ne stiamo facendo esperienza concreta ovunque. Ma fare questa esperienza, in realtà, non è altro che il trionfo dell’astrazione. E quando questa astrazione si impone è come se avvenisse una glaciazione che tende a travolgere tutti i particolari che incontra sulla propria strada. Una glaciazione che lascia solo detriti.
Questa è l’umanità oggi. Questo siamo noi. Detriti.
Detriti che viaggiano senza una direzione. E detriti che navigano dentro flussi a loro volta contraddittori. L’umanità “frullata”, priva di confini, costretta ad essere agitata. Oggi, non esiste alcuna cosa che non sia in movimento. Lo stesso Stato è stato travolto. Lo Stato ha avuto da sempre come suo obiettivo quello di fissare gli esseri umani sopra uno spazio. Ed ha sempre fatto ciò attraverso la funzione della cittadinanza. Tutto ciò oggi non funziona più. Oggi nasce una contraddizione clamorosa tra la potenza della mobilità e lo Stato. Stato che pretenderebbe ancora di poter garantire la fissazione, la stabilità. In sostanza: lo Stato moderno fin dai suoi albori ha funzionato trasformando l’umanità in cittadinanza. E trasformando quindi le differenze (con le cattive), cioè neutralizzando i conflitti, come ad esempio quello sorto fra protestanti e cattolici nella Guerra dei Trent’Anni. Il progetto moderno, insomma, era quello di spoliticizzare le differenze. E quello di abbattere le disuguaglianze.
Naturalmente: oggi nulla di tutto questo funziona più. Perché oggi i confini sono diventanti un po’ più che porosi. E la capacità dello Stato di governare il movimento non esiste più. Se il movimento lo si volesse governare davvero, entrerebbero subito in collisione i comportamenti dello Stato con l’idea di umanità. Lo stato dovrebbe assumere, cioè, dei comportamenti disumani. Inoltre, oggi è venuta anche meno la differenza tra “nemico” e “criminale”. Noi oggi facciamo delle guerre senza nemici; sono guerre a briganti e a popolazioni; dietro costoro non c’è uno Stato. Costoro non possono quindi essere dei nemici.
Possiamo dire che, oggi, l’umanità si presenta anche in forme degne di compassione. E tutti noi possiamo reagire a ciò secondo delle strategie che sono post-moderne. L’accoglienza. Ora, il bene più prezioso che la modernità politica ha inventato è la cittadinanza. La Cittadinanza col diritto politico di voto è addirittura l’essenza del “politico” moderno. Le banlieues francesi però hanno detto: questa essenza è inessenziale, noi non ce ne facciamo nulla di questa essenza…
Se è vero che questa è la situazione dell’età globale è anche vero che ci sono varie strategie e varie soluzioni che si tenta di mettere in atto per uscire da queste secche. Il problema posto dall’umanità multiculturale è questo: essa è il prodotto di logiche moderne e di una configurazione post-moderna dell’umanità. Ma oggi, le differenze non vengono eliminate, vengono mescolate. Per cui, il compito che la filosofia politica ha davanti oggi è quello di una duplice decostruzione: 1) occorre decostruire la metafisica occidentale, e 2) occorre decostruire le affermazioni delle varie identità culturali (che vanno viste non più come dei blocchi nei quali ci si deve assolutamente riconoscere).
Decostruire - in ambo i casi che ho detto - vuol dire: individuare dietro il relativismo dei valori un universalismo dei principi. Noi dobbiamo affermare che esiste comunque un principio universale: la persona. Ma non bisogna dire questo in modo cattolico. Il modo cattolico di dire le cose rimane ancora un modo essenzialistico! Non ci siamo, per quanto riguarda la modernità.
L’umanità multiculturale è fatta da persone non definibili come essenze ma piuttosto definibili come relazioni. Ed è fatta da persone che devono essere riconosciute nella loro complessità. Dal punto di vista filosofico: quel che sto affermando in questo momento è quel filone della filosofia che fa capo ad Hegel. E cioè alla lotta per il riconoscimento delle autocoscienze.
Da Hegel in poi, l’Io non è più un essenza ma è un altro. Il principio quindi che è in gioco in questo caso non è l’essenza, ma la lotta. È la contingenza».

Considerazioni di G. Cordì

Galli ha concluso dunque questa sua Lezione con un richiamo alla contingenza, alla realtà. Ma ha lasciato aperti comunque molti importanti problemi. La stessa definizione che Galli ha proposto di “età globale” vista come un periodo in cui «le culture tradizionali coesistono con gli impulsi ultramoderni. E tale coesistenza è post-moderna», lascia naturalmente aperti molti interrogativi di vario genere.
In sostanza: oggi saremmo alla presenza di una coesistenza tra frammenti di passato ed aspettative di futuro in una temperie (quella attuale) che non è fatta né di passato né di futuro. Ma che è formata da un pensiero che si è auto-delegittimato (la lezione classica di Lyotard sul post-moderno è questa). Per cui tale coesistenza tra passato e futuro avverrebbe (avviene) in un contesto improprio ad ospitarla. Se qualcosa è, quella cosa che il post-moderno è sarà senz’altro «incredulità» (Lyotard). L’incredulità generalizzata nei confronti dei metarecits che hanno caratterizzato il «moderno».
Dunque quella coesistenza (a cui faceva riferimento Galli) fra passato e futuro esisterà solo in un contesto dentro al quale ogni cosa è considerata in maniera scettica. Anche tale coesistenza dovrà essere perciò ironica e scettica. Potrà essere messa subito (dopo) in discussione. Nessuna certezza, cioè, si ha rispetto a questo piano di lettura. Tuttalpiù nuove domande. Come si realizzerà tale coesistenza? Che fine faranno le «culture tradizionali» e gli «impulsi ultramoderni» dentro essa? Sono, per esempio, quelle che mi vengono in mente in questo momento. Ma ce ne sono tante altre. Certamente, Galli ha ragione quando parla di “detriti”. Mi sembra che il suo pensiero a questo riguardo sia molto simile a quello di Zygmunt Bauman quando questi, nel volume Vite di scarto fa riferimento a tutte quelle «scorie» che si vanno ad accumulare negli impianti di smaltimento dei rifiuti della globalizzazione.
E Galli non è neanche lontano da quelle «biografie in pericolo» di cui ha scritto Ulrich Beck in Che cos’è la globalizzazione? Rischi e prospettive della società planetaria. La soluzione proposta da Galli - tornare a quella «lotta per il riconoscimento delle autocoscienze» sostenuta da Hegel - gli è servita, come detto, per concludere la sua Lezione con un invito rivolto alla politica. Quello di una nuova considerazione della contingenza.
A giudizio di Galli, la politica dovrebbe perciò farsi carico della realtà. Essa dovrebbe tornare ad occuparsi, oggi, dei conflitti, delle lotte e degli antagonismi da cui è composto il panorama globale del Pianeta, al di là di ogni altro tipo di considerazione (il virtuale, il mediatico, il simbolico, tanto per fare qualche esempio). Il compito che Galli assegna alla politica mi sembra sia un compito complesso, un compito difficile. Esso necessita non solo di una nuova definizione della politica ma, per poter essere attuato, anche di un progetto filosofico per questa «seconda modernità». Questa è la cosa di cui più abbiamo bisogno oggi tutti noi.


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