Il nuovo realismo e la sfida dell'esistenza

Il nuovo realismo e la sfida dell'esistenza

di Giacomo Pisani

 

L’incalzare della riflessione sul “nuovo realismo”, a livello nazionale, ci pone di fronte a questioni in cui è implicato il nostro stesso stare al mondo, costringendoci a rifuggire qualsiasi riduzionismo.

 

 

Il nuovo realismo di Ferraris (da qualche mese è uscito il “Manifesto del nuovo realismo”) sembra voler rilanciare la sfida col reale nella semplicità di uno schema che riduce gli oggetti in tre classi: gli oggetti naturali, esistenti nello spazio e nel tempo indipendentemente dai soggetti; gli oggetti sociali, la cui esistenza nello spazio e nel tempo dipende invece dai soggetti stessi; e gli oggetti ideali, che esistono fuori dello spazio e del tempo indipendentemente dai soggetti. Ora, per Ferraris, il disincanto dall’illusione postmodernista, che affermando che “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, ci ha esposti al populismo e al negazionismo, passa attraverso il ritorno all’evidenza degli oggetti naturali. La costituzione di questi ultimi costituisce l’ “inemendabile”, che eccede qualsiasi costruzione categoriale. L’indipendenza dell’oggetto rispetto agli schemi del soggetto e, in generale, della epistemologia, costituisce dunque un criterio di oggettività che resiste a qualsiasi tentativo di interpretazione e di falsificazione.

Sull’ oggettività del mondo reale, a cui è possibile corrispondere in termini veritativi, poggia la giustizia. Dunque, quest’ultima si fonda, in ultima analisi, sulla verità. L’esistenza stessa della scienza e della giustizia deriva, per Ferraris, dalla sussistenza di un mondo reale le cui leggi sono indifferenti alle nostre volizioni e cogitazioni. E a coloro che affermano che la discussione intorno all’esistenza degli oggetti fisici è in fin dei conti superflua rispetto all’esistenza, per la quale contano ben altre cose (i cosiddetti “benaltristi”), Ferraris risponde che le valutazioni hanno ad oggetto i fatti e che i fatti avvengono in un mondo di oggetti. Quindi è impossibile introdurre una discontinuità fra fatti fisici e fatti storici. Ma subito dopo è lo stesso Ferraris ad introdurre una demarcazione di questo genere, affermando che il compito della filosofia è di capire quali oggetti siano costruiti e quali non lo siano, decostruendo la tesi secondo la quale tutto è socialmente costruito.

Ma come è possibile distinguere gli oggetti naturali da tutto ciò che è socialmente costruito? Ogni oggetto è inserito costitutivamente all’interno del progetto del soggetto che lo prende in considerazione, divenendo un elemento essenziale delle possibilità in cui tale progetto consiste. La stessa considerazione che si prefigge di prendere in esame un oggetto nella sua materialità oggettiva, consiste in un determinato progetto in cui viene a collocarsi l’oggetto. Per questo, è impossibile staccare la costituzione di quest’ultimo dalla prospettiva in cui esso si dà in tal modo, pena il ricadere in una visione astratta che ignora il rapporto dialettico in cui soggetto e oggetto si relazionano. Tale argomento non è presente solo nell’idealismo tedesco, in Marx e in Heidegger, ma anche nella tradizione idealista italiana. Illuminanti sono le pagine di Gentile sulla prassi in “La filosofia di Marx”.

Ecco cosa induce Markus Gabriel, il giovane realista introdotto in Italia da Ferraris, a dire che l’oggetto si dà in campi di senso, e che, più in generale, “tutto ciò che esiste, esiste perché c’è un campo di senso”, tornando a far dipendere, come fa notare Ferraris nella prefazione de “Il senso dell’esistenza”, l’ontologia dall’espistemologia.

Ma tale argomento, come quello della fatticità del senso, non contraddice le tesi postmoderniste, che non si rifanno al soggetto trascendentale kantiano o addirittura al soggetto cartesiano, additati da Ferraris per criticare il presunto costruttivismo postmodernista.

Il soggetto heideggeriano, come il soggetto di Vattimo e di buona parte della tradizione postmodernista, non è il soggetto trascendentale che costruisce la forma oggettiva del mondo esterno per mezzo delle categorie a priori del proprio intelletto. Il soggetto postmoderno è costitutivamente esposto all’essere, è gettato all’interno di un orizzonte storico che costituisce l’apertura di senso del mondo. Quest’ultimo si dà in significati che rimandano essenzialmente all’esistenza, traducendosi in possibilità e articolandosi dunque nelle trame dei nostri progetti. Ecco perché il reale è in rapporto diretto con la storia e, per quanto inaggirabili, le resistenze che esso ci oppone si danno nella nostra apertura al mondo.

La stessa considerazione dei fatti storici, che Ferraris intende come un atteggiamento “neutro”, da premettere comunque a qualsiasi critica, è già sempre una “scelta”, nella vita effettiva, di qualsiasi fatto all’interno di una rete di progetti che costituisce la stoffa della nostra esistenza, come ben spiega Sartre quando parla de “Il mio passato” in “L’essere e il nulla”.

La sfida del reale, allora, è eminentemente dialettica e non ammette riduzioni. Fondare la verità su una determinata visione degli oggetti deriva dalla mancata assunzione della storicità delle possibilità che a tale oggetto ineriscono. Possibilità che non sono infinitamente manipolabili, come l’estetizzazione postmoderna può farci credere, perché si radicano nell’identità di ciascuno, che è in relazione con lo spazio comunitario e con l’orizzonte di senso a cui è legato. Qui la posta in gioco è altissima. L’assorbimento entro le possibilità pre-costituite nel mondo determina infatti l’assolutizzazione del rapporto, essenzialmente dialettico, fra il soggetto e la realtà, annullando la possibilità di farsi carico delle esigenze degli individui oppressi da tale configurazione dell’essente.

L’estetizzazione postmoderna ha sì, come dice Ferraris, disperso i soggetti entro una dimensione pubblica in cui sono divenute impossibili le scelte, e che è spesso divenuta facile preda del populismo mediatico. Ma ciò è derivato proprio dalla neutralizzazione degli spazi, che ha reso impossibile assumere la storicità delle condizioni e ha piuttosto addomesticato nell’indifferenza le soggettività, rinsaldando i rapporti di potere. Ma la sfida che i problemi reali ci oppongono esige che qualsiasi facile riduzionismo venga rifuggito, e che ad essere preso in esame sia il nostro stesso rapporto con gli oggetti. Il nostro stare al mondo, esponendoci fin nel profondo alle cose, è implicato in questa sfida, che è la sfida dell’esistenza.

Feed Filosofia.it

Cerca tra le risorse

AUDIO



Focus

  • Laicità e filosofia Laicità e filosofia
    Che cosa significa essere laici nel nostro Paese, dove forte è l'influenza politica della Chiesa? Grandi personalità del pensiero e della cultura riflettono, per la prima volta insieme, su questa questione...
    vai alla pagina
  • 1
  • 2

_______________________________________________________________________________________________________________________________________________
www.filosofia.it - reg. ISSN 1722 -9782  Tutti i diritti riservati © 2016