Le divinità di Samotracia

Friedrich W. J. Schelling, Le divinità di Samotracia, a cura di Federica Viganò
Mimesis, Milano, 2002

di Salvatore Patriarca

L'apparizione di una traduzione, che permette al lettore di lingua italiana di ampliare la conoscenza delle opere di pensatori stranieri, è di per sé un fatto positivo. Quando, poi, il pensatore è uno dei più importanti della filosofia classica tedesca, Schelling, e il testo che viene tradotto è uno dei più controversi di tutta la sua produzione, Le divinità di Samotracia, l'opera di traduzione non è più un solo un fatto editoriale, ma un lavoro scientifico che contribuisce all'approfondimento e allo sviluppo della meditazione filosofica. E questo lavoro di Viganò rappresenta un contributo di valore alla ricerca schellinghiana.
Difficilmente, del resto, sarebbe potuto essere diverso. Viganò, infatti, è una giovane studiosa, che, sotto la guida del compianto Francesco Moiso, ha lavorato a lungo sul pensiero tedesco tra il Settecento e l'Ottocento e, soprattutto, su Schelling, offrendo già numerose prove del suo acume e della sua competenza, che si sono confermate anche in questo testo. Nell'attività di traduzione ella ha dimostrato una grande accortezza linguistica, cercando di non appesantire il testo e di mantenere il più possibile l'originaria dimensione discorsiva dello scritto, che è stato letto nel 1815 da Schelling come prolusione accademica per dei festeggiamenti reali. Di tutt'altro tenore è invece l'introduzione, dove Viganò abbandona l'oggettiva neutralità, dimostrata nella traduzione, per intraprendere un discorso ermeneutico più profondo circa la portata speculativa del breve testo schellinghiano. Di grande interesse, a questo proposito, è il collegamento tra l'interpretazione di Schelling del mito dei Cabiri e quella proposta dal grande studioso ungherese, Kàroly Kerény, a più di un secolo di distanza. In questa apertura sulla moderna scienza delle religioni, Viganò evidenzia il valore e l'attualità di alcune intuizioni, quali il senso soteriologico dei misteri o la dimensione dinamica dell'intero sistema mitologico, che giustificano ancor oggi l'interesse per un pensatore troppo facilmente dato per superato.

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