Psiche e guerra: immagini dall'interno

AA.VV., Psiche e guerra: immagini dall'interno,
a cura di Anna Maria Sassone
Manifestolibri, Roma, 2002

Contiene scritti di P.Galeazzi, D. Pelliccia, A. Pintus, P. Paolozza, C. Codignola, A. M. Sassone, L. Magagnino, A. Sampaolo, L. Della Porta, G. Albani, P. Rocco

di Assunta Bona Pompei

Nell'accingermi a leggere questo libro, mi sono chiesta - al pari di Alessandra De Coro nella prefazione - per quale motivo dovrebbero interessare dei testi scritti da psicoanalisti su eventi politici e bellici comunemente oggetto di tutt'altre discipline.
La citazione di Jung, riportata nella premessa da Anna Maria Sassone, sembra però rappresentare in modo emblematico l'istanza che muove il progetto e la scrittura: "Solo nello specchio della nostra immagine del mondo possiamo vedere completamente noi stessi…".
Una istanza alla quale gli autori rispondono anche per "uscire dal claustrum, consegnando all'esterno una 'visione del mondo' che includa anche una prospettiva dall'interno e dell'interno…" (Sassone in premessa).
Il risultato sembra rinviare al gioco del caleidoscopio: ogni autore propone e costruisce una configurazione diversa, utilizzando emozioni, riflessioni, "esperienze della stanza d'analisi" che l'11 settembre ha imposto a ciascuno.
Lo scopo dichiarato, il tentativo riuscito, direi, è quello di aprire/aprirsi alla possibilità di domande altre, ulteriori a tutte quelle che in quei giorni sono state consumate dallo sgomento collettivo.
Ogni autore, individuando un proprio registro di riflessione e di scrittura, tenta di disegnare uno spazio di pensabilità salvaguardandolo e dalla irruzione delle emozioni e dal rischio di contagio che l'assedio massiccio della manipolazione informativa certamente determina.
Il risultato è quello che prima assimilavo all' "effetto caleidoscopio", tanti gli autori, tanti i percorsi proposti, eppure, la "stanza dell'analisi", il "claustrum", sembra costituirsi per tutti come il luogo : luogo in cui l'11 settembre irrompe, luogo consueto della ricerca di senso al riparo dal rumore collettivo, luogo, forse possibile di una aspettativa ; "…ma forse, mi dico, è legittimo continuare a sperare fintanto che un giovane sogno, il sogno di una giovane, trova ancora il coraggio di dialogare con l'incubo della realtà…" (Palliccia pag. 59)
E' come se nel procedere della lettura il libro divenisse al contempo la metafora del luogo "…dove mantenere aperte le domande" (Galeazzi pag. 41) che attraversano tutti gli scritti e che, forse, li ha generati:
- E' possibile "una lettura che utilizzi gli strumenti propri del pensiero analitico e che permetta di configurare lo scenario psichico delle vicende?" (Sassone pag.102)
- E' possibile ricorrere ad una prospettiva "in cui questo conflitto può essere letto nei termini di uno scontro tra opposte polarizzazioni, che si risolvono in un drammatico e mai risolto contrasto?" (Magagnini pag. 125).
- Cosa significa tanto silenzio "dentro la stanza" mentre fuori qualcosa di estremo aggredisce le nostre certezze e la nostra rappresentazione di invulnerabilità?
- Quale è il senso di sogni, fantasie, vicende personali che i pazienti in questi giorni depositano nello spazio dell'analisi? Forse è questo il momento di riflettere e denunciare una pericolosa cecità; "anche la teoria psicoanalitica, timorosa di inquinamenti sociologistici, ha vistosamente trascurato la connessione fra la psiche individuale e i movimenti psichici collettivi" (Pintus pag.73).
Non è più rinviabile il recupero, non solo formale o proclamato di una responsabilità intellettuale e culturale ad impegnarsi nel travaglio di tante domande.
Eppure, oltre al luogo dell'analisi, a me sembra che si affermi nel lavoro degli autori un altro luogo: le domande che percorrono tutti gli scritti si costituiscono con forza anche come portatrici di una complessa istanza etica e politica di denuncia.
- E' denuncia per "una schiacciante superiorità produttiva e tecnologica che consente ad una minima parte di popolazione del pianeta di consumare la stragrande maggioranza dei suoi prodotti e delle sue risorse" (Pelliccia pag.58).
- E' denuncia sul nostro ruolo di "osservatori silenziosi, mai affrancati dal sospetto di essere anche noi, secondo una definizione gramsciana dell'intelligentia al potere 'esperti di legittimazione'" (Pintus pag.63).
- E' denuncia per "la constatazione ovvia che l'attentato è il frutto delle tensioni generali del sistema stesso e che le possibilità di reazione di esso non vanno oltre la riaffermazione della propria volontà di potenza garantita da un pensiero che nega a se stesso le domande più radicali sulla propria distruttività psichica" (Paolozza pag.82).
- E' denuncia che ci costringe ad interrogarci su "quanto la nostra cultura possa chiamarsi fuori da una concezione del femminile legata alla svalutazione, al rifiuto quando non alla persecuzione" (Sampaolo pag.141).
- E' denuncia per il travaglio profondo che pervade il mondo dei padri "…se è impossibile togliere l'elmo per presentarsi al proprio figlio con la propria autentica natura, se si è smarrita la forza vitale legata anche agli aspetti più intimi e profondi legati alla propria identità…" (Rocco pag. 203).
- E' denuncia per "ciò che mette in discussione la stessa essenza etica sviluppata dall'occidente che rischia di essere assimilata dal tempo della tecnica, la quale da mezzo diviene fine" (Albani pag. 184).
- E' denuncia per il disorientamento e la paura che questa nostra cultura consegna ai ragazzi "perché sono cresciuti ed hanno imparato a vivere nel relativismo, dove bene e male, pace e guerra, vanno ogni volta rideclinati, inscindibili dal loro contesto" ( Codignola pag. 95).
Nella coesistenza dunque di questi due luoghi mi sembra di poter individuare un obiettivo alto di fecondità e di prospettiva di questo lavoro: la possibilità.
- La possibilità di dare forma ad una visione di pacificazione che permetta di comprendere i meccanismi della psiche individuale e collettiva che conducono anche alla logica degli "omicidi-suicidari" (Sassone pag.115).
- La possibilità di fornire "alla memoria dei nostri figli, schiacciati tra la ripetitività di immagini catastrofiche e il silenzio di eventi non narrati…parole che trasmettano l'umanità dell'accadere, una storia fatta di corpi, incontri, scambi…" (Galeazzi pag. 40).
"Dobbiamo tornare fuori nel mondo Abbiamo bisogno di relazioni significative, di emozioni, di riflessione, di pensiero…abbiamo bisogno dell'altro che ci spaventa ma che risveglia la nostra libido…" (Della Porta pag. 175)
Una sera, in una serrata discussione con uno degli autori, ci interrogavamo con sgomento su una cultura che, utilizzando massicci strumenti di seduzione neutralizza e depotenzia la passione dell'eros intorpidendoci in una passiva indifferenza e ci chiedevamo se poteva esserci la speranza di poter vivere con passione anche tutta l'impotenza che, quanto sta accadendo, ci costringe a provare.
Mentre allora, nella stanza di analisi si consuma il quotidiano lavoro di individuazione e interpretazione di quei meccanismi della psiche individuale e collettiva che conducono, nel gioco difensivo di inquietanti simmetrie, alla determinazione di "due schieramenti contrapposti ma gemellati nel totalitarismo della visione di Sé…" (Sassone pag. 106) , si può abitare intanto anche l'altro luogo, quello in cui assumersi la responsabilità della testimonianza e della indignazione, moventi forti, ritengo, per la pratica di una solidarietà attiva che non si limiti solo alla militanza nelle politiche interiori.

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