Belfagor

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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Belfagor, novembre 2002

Intervista immaginaria
NIETZSCHE, L'INNOCENZA E L'INDIGNAZIONE

di Domenico Losurdo

- Come spiega le reazioni di "Repubblica" del 1° ottobre alla Sua noterella belfagoriana del 30 settembre sui guasti dell'ermeneutica dell'innocenza?
- Non so spiegarmele compiutamente. Dedicarmi, con grande tempestività, due pagine centrali del quotidiano con tre firme autorevoli e altrettante bolle di scomunica, tutte impegnate a chiarire che non vale in alcun modo la pena di occuparsi delle mie tesi: questa è una plateale contraddizione performativa, come sa anche un semplice studente di filosofia.
- Il Suo ricorso ai tecnicismi filosofici conferma l'accusa che Le viene rivolta di sordità e cecità rispetto al fascino musicale e artistico di Nietzsche.
- Per la verità, mi sono preoccupato di segnalare certe note stonate. Con una metafora seducente, Nietzsche definisce Crepuscolo degli idoli una "scappatella" (Seitensprung) che contravviene alle regole consuete del discorso filosofico. Nella traduzione italiana ci imbattiamo invece in una sorta di inedita disciplina sportiva: il "salto di lato"… Sono mende forse difficilmente evitabili in un lavoro di traduzione così ampio, ma il testo da me pubblicato su "Belfagor" intende per l'appunto fornire anche un "possibile contributo al miglioramento della versione italiana dell'edizione Colli-Montinari".
- In realtà, a questa versione Lei rimprovera soprattutto fraintendimenti e rimozioni politiche.
- Sì, su di essa pesano negativamente la confusione tra "civiltà" e "civilizzazione", nonché le metamorfosi del finanziere ebraico che da "apolide" si trasforma in "apolitico", della "casta" che si ingentilisce in "classe", dell'"allevamento" che si sublima in "educazione", del "trattamento dei malati" che, scrollatosi di dosso il suo sinistro significato eugenetico, si trasfigura in amorevole "cura dei malati". Sono le sviste di una lettura destoricizzante: correggerle non può che essere di giovamento per tutti.
- Ma il Suo non è uno storicismo obsoleto?
- Mentre leggono in chiave metaforica la tesi della schiavitù quale fondamento dell'arte e della civiltà, gli ermeneuti dell'innocenza invitano a interpretare in chiave "descrittiva" la celebrazione dell'"umanità ariana, assolutamente pura, assolutamente originaria". Difficilmente conciliabili, queste due metodologie tradiscono lo sforzo di rimuovere o neutralizzare le pagine più inquietanti di Nietzsche.
- Dobbiamo allora considerarlo un cane morto?
- Al contrario, solo a partire dal riconoscimento del radicalismo reazionario nel nostro filosofo possiamo comprendere la sua grandezza e persino la sua attualità.
- Vedo che Lei ama i paradossi.
- Non si tratta di questo. Nietzsche sottolinea la necessità della schiavitù negli anni in cui le grandi potenze impegnate nell'espansione coloniale agitano la bandiera dell'abolizionismo e dell'universalismo umanitario. Bismarck così si rivolge ai suoi collaboratori: "Non sarebbe possibile reperire dettagli raccapriccianti su episodi di crudeltà?" Sull'onda dell'indignazione morale da essi suscitata sarebbe stato poi agevole bandire la crociata contro l'Islam schiavista. Si potrebbe commentare con Al di là del bene e del male: "Nessuno mente tanto quanto l'indignato". E' un motto a me caro e da me già citato nel corso di un intervento su "Belfagor" del 30 novembre 2001 contro l'odierna ideologia della guerra (I due fondamentalismi). Una critica della "guerra umanitaria" e dell'"imperialismo dei diritti umani" non può prescindere dalla lezione di Nietzsche.
- Oltre che storicistica, la Sua lettura è decisamente politicizzata!
- L'alternativa è leggere come un'innocente metafora l'inno che Nietzsche scioglie alla schiavitù quale fondamento dell'arte e della civiltà. E' un momento storico in cui sono ancora vivi gli echi della guerra di Secessione, l'istituto della schiavitù è sancito per legge, ad esempio, in Brasile, e in Occidente infuria lo scontro tra abolizionisti e anti-abolizionisti: gli ermeneuti dell'innocenza "salvano" il filosofo attribuendogli di fatto una limitata capacità di intendere e di volere.
- In conclusione?
- Mentre per un verso, in sintonia con la cultura e la politica del suo tempo, tuona contro la "sdolcinatezza" e invoca "la "barbarie" dei mezzi", allorché si tratta di mantenere "il dominio sopra i barbari", per un altro verso Nietzsche getta luce sui processi ideologici chiamati a legittimare questi orrori del suo e del nostro tempo: chi dovesse trovare troppo complicato tutto ciò farebbe bene a scegliersi un autore più "semplice".

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