L’Osservatore Romano

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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L’Osservatore Romano, 4/5/2003

La “biografia intellettuale” di Losurdo
Una cruda analisi del pensiero di Nietzsche

di Armando Rigobello

Nietzsche continua, assieme a Marx e Freud, ad esercitare quel ruolo di “maestro del sospetto” che Ricoeur gli aveva attribuito, ma anche le posizioni a cui egli giunge nel suo radicale esercizio critico sono a loro volta oggetto di sospetto e di denuncia.
A questo protagonista geniale ed inquietante della cultura degli ultimi decenni dell’800 oggi Domenico Losurdo, professore di storia della filosofia nell’Università di Urbino, dedica un denso volume di quasi mille duecento pagine: Nietzsche, il ribelle aristocratico (Bollati Boringhieri, 2002). Il sottotitolo ne indica il criterio di svolgimento: “Biografia intellettuale e bilancio critico”.
Nietzsche è stato considerato da un lato un torbido precursore dei totalitarismi del Novecento, dall’altro l’esegeta impietoso della modernità, aprendo così la strada al più consequenziale nichilismo. Non gli è tuttavia estranea, pur nel dichiarato ateismo, una essenziale problematica religiosa. Potremmo ricordare il passo de La gaia scienza che narra di quel folle che di buon mattino si reca al mercato e grida incessantemente: “io cerco Dio”. Suscitò grandi risate tra gli astanti ed egli “balzò in mezzo a loro e li trapassò col suo sguardo: “Dov’è Dio?”, gridò, “ve lo dirò io. Siamo stati noi ad ucciderlo, voi ed io! Tutti noi siamo assassini”” (III, par. 125). Viene quasi di accostare questo delirio alla lucida dichiarazione di Ernst Bloch che dice di se stesso: “sono ateo per amore di Dio”.
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Domenico Losurdo è un noto studioso di Hegel e di Gramsci, è particolarmente impegnato anche sul piano della storiografia politica del Novecento, anche in relazione alla situazione italiana (La Seconda Repubblica. Liberalismo, federalismo, post-fascismo, Bollati Boringhieri, Torino 1994). Il suo ampio lavoro su Nietzsche ha suscitato vivaci polemiche, soprattutto tra i cultori del pensiero nietzscheano sconcertati da un’analisi così cruda che, assieme a puntuali ricostruzioni di ambienti filosofici e letterari, storici e politici, sottolinea i “motivi torbidi e ripugnanti” del pensiero nietzscheano come l’auspicio per una “nuova schiavitù”, “l’annientamento delle razze decadenti” e la soppressione “di milioni di malriusciti”.
“La contestualizzazione storica e la ricostruzione della biografia intellettuale di Nietzsche – si legge nel risvolto della copertina – sono la condizione per cogliere, al di là di rimozioni e delle censure … la tormentata coerenza e l’inquietante grandezza del suo “radicalismo aristocratico””. Nietzsche perviene a proporre “progetti di inaudita violenza e brutalità” insieme a condurre a fondo la dissacrazione “della storia, della geneaologia e delle mitologie dell’Occidente”.
Il volume si articola in sette parti per un insieme di trentatré capitoli e si completa con una Appendice polemica fin dal titolo: Come si costruisce l’innocenza di Nietzsche. Editori, traduttori, interpreti. Le sette parti sono puntuali analisi storiche delle idee e di storia politica dell’Occidente dal tramonto dell’Ottocento agli inizi del Novecento.

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Tutto ciò costituisce il contesto senza del quale la figura di Nietzsche risulterebbe edulcorata, colta sotto un profilo prevalentemente letterario, in un discorso “edificante” alla rovescia: un’esortazione alla ribellione più che un coinvolgimento radicale in essa. Nietzsche, per Losurdo, invece va immerso nel suo contesto storico che non è soltanto quello dei grandi avvenimenti internazionali, ma delle dinamiche secondo cui si articolano e da cui emergono programmi politici e progetti ideologici. Sionismo e antisionismo, ebraismo e cristianesimo, liberalismo e democrazia, aristocrazia, socialismo e nichilismo costituiscono l’humus delle visioni del mondo che popolano le pagine di Nietzsche.
La ricostruzione che Losurdo fa dei contesti storici procede da un preciso orientamento speculativo. Ciò che sta alle spalle della sua ermeneutica è la ferma convinzione che la storia si svolge in un concreto e denso intreccio di istanze di liberazione e di un puntuale impegno nella singolarità delle situazioni, nella particolarità degli eventi.
Questo processo di formazione e di sviluppo coinvolge più profondamente pensatori come Nietzsche tormentati dal problema della comprensione del mondo e da un’esigenza di immediato impegno. Per una esemplificazione ci soffermiamo brevemente sul paragrafo 13. Losurdo ricorda come, per Nietzsche, vi sia una linea di continuità tra il messianesimo cristiano e quello socialista. Non si tratta però di una “riproposizione, in forma superficialmente laicizzata, dell’escatologia cristiana” (p. 994).
Egli non “ritrascrive la storia dei movimenti socialisti in termini di storia sacra, ma, al contrario, compie una lettura degli stessi movimenti religiosi in chiave politico-sociale” (p. 995). L’aderenza alla dimensione storica sarebbe quindi un criterio centrale nelle valutazioni di Nietzsche. “Nietzsche è impegnato – conclude Losurdo – a sorprendere la “lotta dei ceti e di classi” anche nel discorso più spiritualmente rarefatto, anche nella condanna più generica del potere e della ricchezza, della cultura in quanto tali” (p. 997).
Sottolineando nella sua concretezza l’esperienza storica, Nietzsche rende ancora più opportuno il rifiuto di una interpretazione metaforica delle sue posizioni, anche delle posizioni più sconcertanti. Il filosofo di Al di là del bene e del male è contraddittorio e complesso. “Chi dovesse trovare troppo complicato tutto ciò – osserva Losurdo in un suo intervento su “Belfagor” del 6-30 novembre 2002 – farebbe bene a scegliersi un autore più “semplice”” (p. 706).
La biografia intellettuale di Nietzsche ricostruita da Losurdo costituisce certo una puntualizzazione da cui gli studi successivi non potranno prescindere. Lo stesso far rifluire le posizioni speculative in una biografia intellettuale costituisce un indirizzo interpretativo ricco di visioni prospettiche ed insieme testimonia l’aderenza ad una contestualizzazione storica che va assunta integralmente nelle sue luci e nelle sue ombre, in quelle luci e in quelle ombre che popolano le alterne vicende descritte in una biografia, anche, e forse più di ogni altra, in una biografia intellettuale.
E’ interessante notare come l’ampia disamina del volume di Domenico Losurdo venga recepita da un noto pensatore d’oltralpe, Kurt Flasch, che le dedica un’intera pagina in un prestigioso periodico tedesco. Flasch si chiede chi mai rischierebbe in Germania di compiere una minuziosa analisi di tutta l’opera di Nietzsche. Questa analisi che attendevamo, nota Flasch, ci proviene dall’Italia, da una massiccia opera controcorrente, il Nietzsche ribelle aristocratico di Domenico Losurdo.
Non vi sono molti libri su Nietzsche, secondo Flasch, da cui si possa imparare così tanto come dalle pagine di Losurdo. Nonostante qualche lacuna e dimenticanza, l’opera costituisce per Flasch una necessaria e positiva revisione di quella letteratura su Nietzsche che tende a depoliticizzarlo. Immergerlo nell’acceso contesto della politica del suo tempo permette di formulare un giudizio più oggettivo, più rispondente al senso globale del suo pensiero. Come si vede Flasch condivide la polemica di Losurdo contro i sostenitori della “presunta innocenza” di Nietzsche.

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L’interpretazione di Losurdo viene efficacemente espressa al termine del lavoro, quando l’Autore si congeda affermando che “la sua (di Nietzsche) potente carica destabilizzatrice può essere colta solo a partire dal radicalismo reazionario del suo progetto politico. D’altro canto le sue pagine più ripugnanti rinviano alle pagine più ripugnanti di storia, dall’Occidente scritte prima dell’avvento del Terzo Reich.
“Come nella storia dell’occidente nel suo complesso, così nel pensiero di questo grande filosofo grandezza ed orrore sono due facce della stessa medaglia” (p. 1094). La frase finale si completa con un giudizio coraggioso, sia pur segnato da un’accentuazione pessimistica. La storia dell’Occidente e il pensiero del “grande filosofo” “rinviano alla rigorosa e spietata delimitazione del ristretto spazio sacro nell’ambito del quale soltanto è riconosciuto il diritto al libero dispiegamento dell’individualità” (ibid).
E’ possibile cogliere in queste ultime righe l’avvertimento di un orizzonte di senso che eccede nella delimitazione di spazio segnato dall’irrevocabile accadimento storico. Questo “spazio” è uno spazio “ristretto”, ma è uno “spazio sacro”, che eccede ogni limitazione empirica in quanto solo nel suo ambito trova riconoscimento il pieno esercizio della singolarità personale.

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