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Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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Linea Quotidiano, 11/5/2003

La rivolta dorica di Friedrich Nietzsche Un pensiero fondato sulla natura contro la sovversione egualitaria

di Luca Leonello Rimbotti

Nella seconda metà dell'Ottocento, quando la modernità iniziò ad assumere sempre più apertamente i toni corrosivi dell'assalto alla civiltà, occhi profetici si spalancarono sul destino della nostra civiltà europea. Erano gli occhi di Nietzsche. Già allora, tutto apparve chiarissimo a quello straordinario figlio della nostra anima arcaica. Egli già vide risaltare in tutta la sua spaventosa pericolosità l'intera sequela dei mali che poi, lasciati fermentare da una suicida pochezza di vita, hanno finito col giganteggiare attorno a noi. Oggi più di ieri, non è possibile fare a meno di Nietzsche. Per vedere su quali abissi la modernità stia oggi danzando, è ancora una volta a lui che dobbiamo rifarci. Il merito di una rilettura nietzscheana che, per mole e qualità intellettuale crediamo sia definitiva, va a Domenico Losurdo, autore di un poderoso studio intitolato "Nietzsche, il ribelle aristocratico". Per parte nostra, occorre subito dire, ancora una volta, che l'unica cultura di alto livello "di destra", oggi viene paradossalmente fatta dalla "sinistra". Quello di Losurdo è solo un ennesimo esempio. Ma anche il più illustre. Nel silenzio tombale delle intelligenze che per inclinazione culturale dovrebbero occuparsi di tali argomenti, questo lavoro costituisce una vera e propria pietra miliare, non solo relativamente all'argomento, ma come più vasta visione del mondo.
Leggere Nietzsche come ce lo restituisce Losurdo, finalmente espurgato dalle sedimentazioni illuministiche che a lungo ne avevano stravolto il messaggio per opera di infaticabili deformatori d'immagine (da Montinari a Vattimo, passando per legioni di scippatori ideologici, audacissimi nell'arruolare il filosofo sassone tra le file malferme del progressismo), significa oggi mettersi una volta per tutte, e filosoficamente ben armati, davanti a quel potentissimo mostriciattolo che è il Moderno, col suo enorme corteggio di fantasmagoriche degenerazioni. Solo così, quelli tra noi ancora in grado di produrre "balzi dell'essere" o semplici prese di coscienza, si potranno attrezzare per una scelta definitiva: o di qua o di 1à. Il Nietzsche rinverginato e riconsacrato da Losurdo ci sospinge a fare i conti una volta per tutte col destino europeo. Con Nietzsche si ritorna d'un tratto alle origini prime della nostra civiltà, all'alba dorica che stabilì la connessione tra visione tragica della vita e devozione alla natura, erigendo su queste basi lo straordinario edificio della civiltà ellenica. Tutto ebbe inizio da qui. Compreso quel moto discendente, incarnato dall'acido razionalista di Socrate, che ha finito col condurre a morte la tradizione europea. Il filosofo della volontà di potenza giudicò la storia della nostra civiltà con metodo radicale. L'inizio della fine lo individuò nel momento in cui la retorica logico-razionale ebbe il sopravvento sul pensiero dionisiaco, musicale, naturale, severo e insieme gioioso. Con la filosofia greca che prese le mosse da Socrate, con la sua mania avvelenata di concepire un uomo diverso dalla realtà di natura, cioè stucchevolmente buono, pacifico, positivo, iniziò la marcia dell'inversione dei valori. Favorendo quella perniciosa inclinazione all'ottimismo che Nietzsche giudicò il supremo tradimento della tradizione tragica della Grecia arcaica, fu assicurata lunga vita a quei germi di disfacimento che poi, secondo Nietzsche, avrebbero prodotto il predominio della plebe, la democrazia, il social-comunismo, la "superstizione progressista". In una parola, la fine della civiltà europea. Il nocciolo è tutto qui. Il "contagio sovversivo" si situa laddove i moderni, alla maniera dei razionalisti greci e poi dei "philosophes" illuministi, reinventarono una sorta di buonismo bugiardo, ciò che noi abbiamo oggi più che mai ben presente: i diritti, il pacifismo, lo sbiancamento delle differenze, la tolleranza, la compassione, un mortifero egualitarismo universale. Tutte cose che non esistono in natura, tutte cose rampollate per la prima volta dalle elucubrazioni socratiche e poi ingessate nel nefasto dogma progressista. E Nietzsche credeva nella religione della natura, nell'uomo qual è, quello vero, non quello inventato a tavolino dalle costituzioni e dalle proclamazioni intellettualizzate, antiche o moderne.
Il male della storia, diceva Nietzsche, sono stati gli "intellettuali", coloro che vollero sovvertire le leggi di Madre Natura, sostituendole con le proprie. Nel suo pensiero - rivoluzionario nei modi, conservatore nei valori - c'è il desiderio di ritornare a quel primissimo tempo in cui i poeti, gli eroi, insomma i migliori, scaturivano da giovani razze creatrici e fondatrici di civiltà, devote alla vita e alla sua tragica bellezza. Scrive Losurdo che in Nietzsche "agisce la dicotomia cara a Wagner tra cultura autentica, che affonda le sue radici nel popolo e che risulta capace di unire attorno a sé la comunità, e pseudocultura ridotta a occupazione o divertimento solitario di intellettuali sradicati".
Le aristocrazie vere nascono dal popolo sano e legato alla tradizione, il contrario esatto di quanto Nietzsche vedeva accadere ai suoi tempi, col dilagare di quella "rivolta degli schiavi" che era incardinata sul culto del denaro. Il profetico Solitario di Sils Maria pensava che "l’aristocratico pensiero fondamentale della natura" avrebbe posto fine alla sovversione egualitaria, e impegnò il suo formidabile ingegno nel disegnare i contorni di una rivoluzionaria riconquista della tradizione europea.
Il suo fu un messaggio, in questo senso, pienamente politico. E proprio questo viene coraggiosamente sottolineato da Losurdo, che finalmente parla chiaro a quanti avevano fabbricato l'immaginetta illuministica di Nietzsche. Essi, scrive lo studioso, non potendo evitare di fare i conti con lui, da faziosi "ermeneuti dell'innocenza" ne avevano castrato le idee, rimuovendone l'impianto
"pericoloso" di radicalismo anti-democratico. Adesso il velo è stato stracciato, e il “pensiero debole” è definitivamente nudo, in tutta la sua derelitta vuotaggine... E adesso, chi si riconosce veramente nelle profondità della nostra tradizione europea, può tornare a vedere in tutta la sua nitidezza il profilo di uno dei suoi custodi più geniali.

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