Ossietzky: J. Trilse-Finkelstein

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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Ossietzky
Zweiwochenschrift
für Politik/Kultur/ Wirtschaft
3. Juni 2004

Testo originale


Aristokratischer Radikalismus      
Jochanan Trilse-Finkelstein


Schon 1887/88 bezichtigte der dänisch-jüdische Literaturhistoriker Georg Brandes (Morris Cohen) den kranken und todessüchtigen sächsischen Philosophen in Basel, der sich immer so lebensgewaltig aufpumpte, des »aristokratischen Radikalismus«. Mit gutem Grund und Recht, wie Domenico Losurdo jetzt in seiner glänzenden, gewaltigen Biografie »Nietzsche, der aristokratische Rebell« bewiesen hat. Darüber hinaus wird es lange nichts mehr geben.
Sicher: Curt Paul Janz' Grundlegung moderner Nietzsche-Forschung wird bestehen bleiben. Karl Löwith hat manches Richtige über den Kraft-Philosophen gesagt, der kaum je eine Frau umarmen konnte. Urs Martin ging 1993 auf Fragen von Revolution und Demokratie ein, diese von Nietzsche befeindeten Kategorien. Rüdiger Safranski in seiner gleichzeitig mit Losurdos Buch erschienenen »Biografie des Denkens« übt zwar behutsame Kritik am Idol, steht aber inmitten des Nietzscheanischen Denkens selbst, mit noch ein paar Schuß Heidegger, so daß er sich kaum über seinen Gegenstand erheben kann.
Auch die meisten Vertreter der Marx-Seite kann man vergessen, weil sie den entstellten Nazi-Nietzsche einfach seitenverkehrten und verurteilten. Ausnahmen sind Ernst Bloch und vor allem Georg Lukács mit seiner »Zerstörung der Vernunft« von 1954. Der jüdisch-ungarische Autor hatte freilich zu wenig Quellenkenntnis, und in ihm war noch der Haß gegen das just Geschehene, das er aus dem dominanten Irrationalismus zu erklären gewillt war – seine Arbeit war Abrechnung: wenig differenziert, doch im Prinzip richtig. Sein Schüler Losurdo hat das nun viel besser gemacht.
Der kennt sämtliche Quellen, geht von der großen, 15bändigen Ausgabe der beiden Italiener Colli und Montinari aus, kritisiert aber auch sie in einigen Teilen. Er ordnet Nietzsche streng in das Zeitgeschehen der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts ein, auf das sich dieser heftigst eingelassen hatte. Er weist nach, was Nietzsche gelesen hatte, er setzt ihn in die Debatten der Zeit und in das politische Geschehen, in die Revolutionen seit 1789, 1830, 1848 bis zur Commune von 1871. Sogar Nietzsches Kritik an sozialen Leistungen des Bismarck-Reiches war Ausdruck seiner aristokratischen Radikalität. Der Philosoph der antidemokratischen Reaktion, die er verhüllend als »Partei des Lebens« bezeichnete, war gegen Arbeiterbewegung und Sozialismus und haßte das Volk wegen seiner »Sklavenmoral«. Er trauerte um den Verlust an Kultur, befürchtete ihre Zerstörung, wie dies auch Heine tat, doch völlig anders. Heines Eliten sind die Künstler, die wie er dem Volke verbunden bleiben, Nietzsches Eliten, die großen Individuen, sind dem Volke enthoben. Gegenstand seines Hasses sind auch alle Aufklärer. Primitiven Antisemitismus lehnte er zwar ab, doch die Wurzeln aller Aufklärung und Demokratie bis zum Sozialismus führte er auf jüdische Ursprünge zurück, auf das nachexilische Judentum.
Losurdo spricht, nicht ganz neu, von drei Etappen: 1869 bis 1876 die Schopenhauer-Wagner-Phase, romantisch und judenfeindlich; 1876 bis 1881 die besten Jahre, bisweilen sogar aufklärerisch, kirchenfeindlich, metaphysikkritisch, sogar realistisch zeitkritisch, der Naturwissenschaft gegenüber aufgeschlossen; schließlich die Jahre bis 1888 mit der Herrenmenschen-Formel des »Zarathu stra«, der Erfindung des »Übermenschen«, der legitimistisch-herrschaftssichernden ewigen Wiederkehr des Gleichen, damit der Ablehnung der Moderne, und dem »Willen zur Macht«, der Abwehr jeglicher Moral als Instanz, egal, ob von jüdischer, christlicher oder sozialistisch-demokratischer Herkunft. In seiner Totalkritik der »allgemeinen Schuld« verurteilte er jegliche Versuche und Bestrebungen der Völker, sich gegen Herrschaft und deren Kultur zur Wehr zu setzen. Dazu gehören seine Verteidigung der Sklaverei (die einmal Basis von Kulturschaffen war), seine Eugenik, seine Haltung gegen die Frau sowie sein Preisen männlichen Herrenmenschentums.
Seine Kategorie des Dionysischen verführte ihn zu Visionen eines berauschenden Untergangs, seine unhistorische Denkweise verhinderte die Sinngebung richtiger Einsichten und Teilwahrheiten. Das macht seine Verwertung für heutige »Postmoderne«, die die Aufklärung abschreiben wollen oder bereits abgeschrieben haben, nützlich. Nietzsche hat nie richtig zu Ende gedacht, wenn ja, dann mit furchtbaren Widersprüchen. Und oft brillant formuliert. Als Dichter hat er Bleibendes geschaffen.
Ein schwacher Mensch, ewig leidend, hat sich übers Denken stark machen wollen. Es ist ihm nicht gelungen, der Preis war hoch, das Denken ging verloren. Eine im Grunde tragische Gestalt mit schlimmen Folgen. Das hat Losurdo, der italienische Dialektiker, einprägsam bewußt gemacht. Man sollte das Buch bald übersetzen und ihm einen Marx-Preis geben – doch den gibt es ja nicht. Vielleicht den Heine-Preis, auf jeden Fall den eines Gegenspielers von Friedrich Nietzsche.


Testo in italiano


Radicalismo aristocratico

Già nel 1887/88 lo storico della letteratura danese-ebraico Georg Brandes (Morris Cohen) accusava di «radicalismo aristocratico» il filosofo sassone di Basilea, malato e nostalgico della morte, che tuttavia si dava arie di grande vitalità E lo accusava del tutto a ragione, come ha dimostrato ora Domenico Losurdo nella sua splendida e possente biografia, «Nietzsche, il ribelle aristocratico». Dopo di essa, per lungo tempo non ci sarà più nulla da dire.
Certo, resterà il fondamento (di Carl Paul Janz) della ricerca nietzscheana moderna. Anche Karl Löwith ha detto cose giuste sul filosofo della forza che a stento è riuscito ad abbracciare una donna. Urs Martin si è soffermato nel 1993 sulle questioni della rivoluzione e della democrazia, le categorie osteggiate da Nietzsche. Nella sua «Biographie des Denkens», uscita in contemporanea col libro di Losurdo, Rüdiger Safranski critica con cautela l’idolo, ma si colloca comunque all’interno del pensiero nietzscheano, con qualche pizzico di Heidegger, cosicché difficilmente riesce ad innalzarsi al di sopra del suo oggetto.
Si può dimenticare anche la maggior parte dei marxisti, perché essi si sono limitati a rovesciare e condannare il Nietzsche deformato dai nazisti. Fanno eccezione Ernst Bloch e soprattutto Georg Lukacs con la sua «Zerstörung der Vernunft» del 1954. L’autore ebreo-ungherese aveva comunque scarsa conoscenza delle fonti e nutriva un profondo odio per ciò che si era appena verificato, da lui spiegato con l’irrazionalismo dominante: il suo lavoro si presenta come una resa dei conti. Il suo discepolo Losurdo ha risolto il problema in modo molto migliore.
Egli conosce tutte le fonti, prende le mosse dalla grande edizione in 15 volumi degli italiani Colli e Montinari, che pure critica in alcuni parti. Inquadra Nietzsche rigorosamente nella storia della seconda metà del Novecento, nella quale il filosofo era profondamente coinvolto. Losurdo documenta ciò che Nietzsche ha letto, lo immerge nei dibattiti del tempo e nelle vicende politiche, nelle rivoluzioni a partire dal 1789, 1830, 1848 fino alla Comune di Parigi del 1871. Persino la critica nietzscheana dello Stato sociale della Germania bismarckiana era espressione della sua radicalità aristocratica. Il filosofo della reazione antidemocratica, che camuffava come «partito della vita», era contario al movimento operaio e al socialismo ed odiava il popolo a causa della sua «morale da schiavi». Rimpiangeva la perdita di cultura, temeva la sua distruzione, al pari di Heine, ma in un senso completamente diverso. Le élites di Heine sono gli artisti, che - come lui - restano legati al popolo, mentre le élites di Nietzsche, i grandi individui, sono estranei al popolo. Oggetto del suo odio sono anche tutti gli illuministi. E’ vero che rifiuta l’antisemitismo primitivo, ma le radici dell'illuminismo e della democrazia fino al socialismo furono da lui ricondotte ad origini ebraiche, all’ebraismo post-esilico.
Losudo parla - e non é una novità - di tre tappe: dal 1869 al 1876 la fase schopenhaueriano-wagneriana, romantica e giudeofoba; dal 1876 al 1881 gli anni migliori, talvolta persino illuministici, anticlericali, critici della metafisica, persino realisticamente critici della propria epoca, aperti alla scienza naturale; infine gli anni sino al 1888, con la formula dell'«Herrenmensch» cara a Zarathustra e con l’invenzione del «superuomo» e dell’eterno ritorno dell’uguale (che leggitima il dominio esistente). Connesso a ciò è il rifiuto della modernità, la «volontà di potenza», la condanna di ogni istanza morale, che sia di provenienza ebraica, cristiana o socialistico-democratica. Nella sua critica totale della «colpa universale» condannava tutti i tentativi e le aspirazioni dei popoli di opporsi al dominio e alla cultura del dominio. In questo contesto vanno collocati la difesa della schiavitù (nell'antichità il fondamento della creatività culturale), l'eugenetica, l'atteggiamento verso le donne, e la celebazione della virile casta dei signori
La categoria del dionisicaco gli ispirò la visione di un ebbro tramonto, il suo modo di pensare anti-storico gli impedì la comprensione di verità parziali e assennate. Ciò lo rende utile per gli odierni «postmoderni», che vogliono o hanno già cancellato l'illuminismo. Nietzsche non ha mai pensato sino in fondo, e quando l'ha fatto, solo con contraddizioni terribili, formulate spesso in modo brillante. In quanto poeta ha prodotto qualcosa che resta.
Un uomo debole, eternamente sofferente, che ha voluto atteggiarsi a uomo forte grazie al pensiero. Ciò non gli è riuscito; ha pagato un prezzo alto, le sue facoltà intellettuali si smarrirono. Una figura fondamentalmente tragica con gravi conseguenze. E' ciò che Losurdo, il dialettico italiano, ha messo bene in evidenza. Bisognerebbe subito tradurre il libro e dargli un premio Marx, che però non esiste. Forse il premio Heine, in ogni caso un premio intitolato ad un antagonista di Nietzsche.

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