Nei confronti della tecnica l’uomo è diventato un funzionario
[SPECIALE]Umberto Galimberti è professore di Filosofia della storia all’Università “Cà Foscari” di Venezia e psicoanalista di formazione junghiana. Fissando il proprio sguardo filosofico sui confini tra ragione e follia, nei suoi studi ha indagato con metodo genealogico le nozioni di simbolo, corpo e anima, rendendo visibili le tracce del sacro che persistono nella nostra civiltà dominata dalla tecnica. È autore, tra gli altri, di Psiche e techne (Milano 1999); Orme del sacro (Milano 2000); I vizi capitali e i nuovi vizi (Milano 2003); Le cose dell’amore (Milano 2004); La casa di Psiche. Dalla psicoanalisi alla pratica filosofica (Milano 2005); Parole nomadi (Milano 2006). L’editore Feltrinelli ha iniziato la pubblicazione delle sue Opere. |
UMBERTO GALIMBERTI a cura di Gianfranco Cordì «L’uomo nell’età della tecnica» è il titolo della Lezione Magistrale che Umberto Galimberti tiene qui a Modena. Galimberti mi dichiara:«La tecnica è l’essenza dell’uomo. Gli uomini non hanno istinti. E non hanno un codice di comportamento predefinito come quello degli animali. In realtà, gli uomini riescono a vivere solo grazie alle proprie capacità tecniche. Oggi la tecnica è diventata elefantiaca. È una faccenda enorme. Si è avuto un aumento quantitativo della tecnica. E tutto ciò ha determinato anche una variazione qualitativa. Oggi nei confronti della tecnica l’uomo è diventato un funzionario. E la politica non è ormai più il luogo delle decisioni. Inoltre la tecnica mette ogni giorno in circolazione una quantità di problemi sui quali tutti noi possiamo avere come non avere competenza. Ed ancora di questo passo la tecnica rischia di sostituire la democrazia con la retorica. Anche dal punto di vista morale la tecnica pone dei problemi enormi. Se uno pensa che l’ordine giuridico ragiona ancora secondo la morale cristiana... Ma esaminare le intenzioni non è molto interessante dal punto di vista della tecnica. L’etica proposta da Kant, quella dell’uomo come fine e non come semplice mezzo, era un etica buona per un certo periodo, periodo nel quale gli uomini erano meno che ora ed i mezzi erano sovrabbondanti. Ma oggi gli stessi fini sono cambiati moltissimo. L’aria, ad esempio, oggi è un fine da salvaguardare tanto quanto l’uomo. Per cui, ci vuole una nuova etica della responsabilità. Le azioni devono essere giudicate a seconda degli effetti che producono e finché tali effetti risulteranno prevedibili. Anche da questo punto di vista c’è da notare una cosa. La tecnica ha operato infatti una trasformazione notevole: essa ha eliminato la dimensione dell’agire e l’ha sostituita con quella del fare. Intendo con fare: l’ eseguire – bene o male - tutte quelle azioni che vengono descritte dall’Apparato Tecnico di appartenenza. Ancora: la tecnica produce una modificazione del nostro stesso modo di pensare; essa ci allena al pensiero calcolante, cioè al pensiero convergente: quello fatto di soli zero ed uno, quello dei computer insomma. |
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